La storia di Lady V

Milano. Città di lavoratori instancabili. Luogo di grandi industrie e magazzini. Ma anche sede di piccole ma grandi botteghe.

Qui, nel pieno di una città frenetica, Valeria Perversi, nel suo laboratorio artistico, dà vita ad idee, concetti e pensieri che attraversano la sua mente e che proprio non riescono a rimanere in trappola. Esattamente come la città, anche la mano di Valeria corre veloce, tra un ritratto e l’altro, tra un oggetto e un accessorio, tra un quadretto e un piatto. Perché le idee e la creatività non si possono fermare. Nulla può tenerla a freno a lungo, neanche una pandemia globale.

 

Nonostante le difficoltà che indubbiamente un settore, come quello artistico, possa aver incontrato durante l’interminabile periodo di emergenza sanitaria, Valeria non si è mai arresa e ha continuato a credere nella sua arte.



Un’arte la sua, che oggi, più che mai, abbraccia temi importantissimi. Da una parte infatti, nelle sue creazioni, Valeria mette al centro di ogni opera l’amore. Un concetto preso, sviscerato e sradicato dalla sua più tradizionale concezione, per trovare nuove e originali forme di espressione. L’amore è nell’arte di Valeria un legame vissuto molto intensamente, oltre ogni comune limite. L’amore è fiducia, proprio come il cuore dell’anemone della sua opera che permette solo a pochissimi fortunati di raggiungere il suo centro, protetto e sicuro. L’amore è anche nell’abbraccio tra due api (quadretto con cornice viola) che solo così, riescono a sentirsi tranquille e possono finalmente addormentarsi.



Dall’altra parte, nella sua arte, Valeria mette tutta l’attenzione necessaria per il recupero dei materiali. Proprio come ci insegna il mondo giapponese, da cui Valeria trae grande ispirazione, anche in un oggetto rotto e in disuso, può esserci un grande potenziale. Saper vedere oltre l’apparenza, riconoscere e tirar fuori quel potenziale, è una parte fondamentale del lavoro di Valeria. Ecco quindi che una vecchia e usurata sedia può diventare un oggetto d’arte da contemplare e osservare con ammirazione; Quella ciotola caduta sul pavimento e distrutta in mille pezzi diventa poi un oggetto unico e irripetibile, ricco di storia e di arte.

 


L’attenzione per l’ambiente passa anche attraverso un altro concetto molto importante nella sua arte: non realizzare nulla più del necessario, donando invece ad un singolo oggetto una natura molteplice. In una parola: sintesi. Ecco quindi che si rimane scioccati davanti ad una collana che, come per magia, può essere scomposta in altri accessori: bracciali, pendenti per la borsa, accessori per i pantaloni o l’intimo. Ci si chiede “Ma dov’era nascosto quel moschettone che permette di sganciare tra loro i vari pezzi?”. Chi sa fare arte, riesce a creare illusioni, a spostare l’attenzione su dettagli che diventano il tutto e trasformare una oggetto semplice in qualcosa di straordinario.

 


Il caso di Valeria è un esempio forte e tangibile di come l’arte, proprio come ogni cosa che sia frutto della mente dell’uomo, non possa essere distrutta,limitata, incatenata, frenata o cancellata da fattori esterni. Neanche da un virus letale, capace di uccidere il corpo. 

 


Questo è quello che ci ha raccontato durante la nostra intervista 

Raccontaci un po' chi sei e cosa fai nella vita

Sono Valeria Perversi, Perversi non è un cognome d’arte ma è proprio il mio.

Mi è stato assegnato evidentemente a giusta ragione. Ho 54 anni e sono diplomata all’istituto europeo di design come grafica pubblicitaria. Ho lavorato per tanti anni come grafica nell’ambito pubblicitario, nelle più grandi agenzie di Milano. Ho poi smesso per un po’ di anni per fare la mamma.

Ho ripreso a dipingere per diletto, poi negli anni è diventato mano a mano di nuovo un lavoro. La mia passione è sfociata poi in questo laboratorio che è sempre stato il mio sogno. L’ho aperto però in uno dei momenti più difficili, credo, che il mondo abbia attraversato negli ultimi decenni: durante la pandemia.  

 



Cosa hai pensato in quei primi giorni di Marzo dello scorso anno?

Che la sfiga è sempre e perennemente presente

 

Quale è stato il momento più difficile che hai dovuto affrontare?

Il momento più difficile è stato quello in cui mi sono resa conto che i pochi soldi che avevo da parte, non sarebbero stati sufficienti a mantenere anche l’affitto del negozio.

Devo dire però che sono stata molto fortunata perché le persone che mi hanno affittato questo piccolo negozio in centro, mi stanno sempre venendo incontro, mi hanno sempre aiutato. So che questa è una cosa rara, sono stati estremamente disponibili e questo per me è stato davvero importante perché mi hanno sostenuta dal primo giorno in cui sono entrata qui dentro.

 

Hai mai pensato di mollare? E se sì chi o che cosa invece ti ha convinto a resistere?

Ho pensato di mollare, non so più neanche quante volte, tantissime.è  un discorso complicato, anche perché il mio lavoro è sempre stato denigrato da colui che era mio marito. Non lo ha mai considerato importante. Di conseguenza ho sempre avuto, dentro di me, questa voce che continuava a ripetermi: “lascia perdere, è inutile”. Ad un certo punto però è stata proprio questa voce a farmi decidere di andare avanti, soprattutto per quella parte etica del mio lavoro in cui credo e che mi ha spinto, alla fine, a rimanere in piedi.

 

 

C’è stata una persona in particolare che ti ha aiutato ad affrontare meglio tutta la situazione?

Mi ha aiutata mia madre, i miei figli, per il resto direi solo me stessa.



 

Come immagini il futuro della tua attività?

Nonostante tutto, mi sento sempre positiva. Quello che voglio proporre credo sia utile anche al periodo che stiamo vivendo: si tratta di fare qualcosa che faccia bene allo spirito, qualcosa che possa essere fruito da chiunque e a qualsiasi prezzo, fuori dalla logica delle gallerie d’arte. In queste ultime, seppur con il proprio giusto vivere e le loro quotazioni, non mi riconosco, così come molte persone che fanno una vita normale non ci si ritrovano. Mi piace quindi avere uno spazio in cui chiunque possa acquistare arte.

 

Ti è capitato, in questo lungo periodo, di assistere a gesti di solidarietà nei tuoi confronti o nei confronti di qualche altra attività?

La solidarietà l’ho trovata sicuramente nelle persone che mi hanno affittato lo spazio e da alcuni colleghi (non tantissimi, devo dire la verità). Credo che in questo tipo di situazioni, ognuno si chiuda nel proprio ambito e curi il proprio giardino. Io però non sono fatta così, quindi in questo tipo di situazioni soffro molto.

Ci sono state però alcune persone, soprattutto alcuni collezionisti, che ho trovato molto vicini a me sia a livello artistico che a livello personale. Si tratta di persone che non ho mai conosciuto personalmente ma che hanno avuto stima nei miei confronti e che mi ha fatto veramente un grandissimo piacere conoscere.

 

 

Secondo te, i tuoi colleghi, hanno reagito positivamente come te?

Alcuni sì, altri no. Credo che in generale in Italia ci sia, più forte di ogni altra cosa, la polemica piuttosto che il fare e questo non porta mai a niente di positivo.

Io credo sempre nel lavoro di gruppo e nell’aiutarsi a vicenda, ma vedo che in generale, purtroppo, non è la modalità di scelta della popolazione italiana. Viviamo in modo egoistico ogni situazione, non solo quelle lavorative.

 

 

 

 

 

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